In ambito educativo l’utilizzo di rinforzi positivi e negativi è una prassi quotidiana di cui, però, non tutti sono consapevoli. Provo, quindi, a definire prima cosa si intende per “rinforzo” per poi specificare il significato dei termini annessi “positivo” e “negativo”.
Il rinforzo
Il concetto di “rinforzo” deriva da una corrente particolare della psicologia chiamata “comportamentismo”, corrente interessata a studiare i processi alla base degli apprendimenti osservando i comportamenti. Alcuni studiosi, attraverso esperimenti sugli animali, avevano notato che un determinato comportamento tende a ripetersi nel tempo se le conseguenze sono positive per il soggetto, mentre tende ad estinguersi in caso contrario, cioè se le conseguenze sono negative. Ciò che porta, quindi, ad un incremento del comportamento si definisce “rinforzo”. Ciò che porta, invece, a estinguere un comportamento prende il nome di “punizione”. In questo articolo concentriamoci sui rinforzi.
Per semplificare vi propongo qualche esempio di rinforzo.
Il rinforzo positivo
Se un bambino ogni volta che piange (comportamento) si accorge che la mamma arriva a prenderlo in braccio (rinforzo), tenderà a riproporre tale comportamento per ricercare la sensazione piacevole del calore materno e per accrescere la sensazione di avere un controllo sull’ambiente esterno. Prendere in braccio un bambino quando piange è, quindi, un rinforzo sul comportamento del pianto perché è finalizzato a farlo ricomparire. Tale intervento materno ha una fondamentale funzione evolutiva perché sta sostenendo lo sviluppo di una fondamentale competenza comunicativa e relazionale: sta dicendo al bambino che fa bene a piangere per esprimere un suo bisogno e che la mamma è pronta a soddisfarlo. Ovviamente, però, occorre saper applicare con equilibrio tale rinforzo per evitare che il bambino apprenda questa corrispondenza in modo rigido, con i problemi che le mamme ben conoscono.
Un altro esempio potrebbe essere il seguente: se il bambino si accorge che iniziando a gridare e a sbattere i pugni (comportamento) la mamma gli dà il gelato (rinforzo) che desidera e che inizialmente gli aveva negato, tenderà a riproporre tali comportamenti inadeguati per ottenere ciò che vuole. E’ il caso dei bambini definiti “capricciosi” che sanno come far perdere le staffe ai genitori per ricevere quanto desiderato. Cedere alle richieste pressanti o alle sceneggiate dei bambini dando loro ciò che chiedono insistentemente è, quindi, un rinforzo sul comportamento inadeguato del gridare e dello sbattere i pugni perché è finalizzato a farlo ricomparire.
Entrambi gli esempi precedenti mostrano cosa si intende per “rinforzo positivo“. In ciascun caso l’elemento rinforzante è un elemento positivo associato e letteralmente “aggiunto” ad un determinato comportamento che, quindi, verrà riproposto. Nel primo esempio si trattava di attenzione e calore, nel secondo esempio si tratta del gelato o, comunque, dell’oggetto richiesto in malo modo dal bambino. Sono rinforzi positivi anche le lodi, oggetti desiderati, giochi, attività piacevoli, il cibo, insomma tutto ciò che piace al soggetto destinatario del rinforzo.
Il rinforzo negativo
I rinforzi, però, come anticipato dal titolo, possono essere anche rinforzi di tipo negativo e, in questo caso, l’elemento rinforzante (ciò che porta ad un incremento del comportamento) è, invece, un elemento negativo che viene sottratto o evitato. Vi propongo, quindi, due esempi per comprendere meglio il concetto che non è semplicissimo.
Una bambina che non vuole andare a scuola (situazione avversa) se scopre che lamentando continui mal di pancia o mal di testa (comportamento) viene tenuta a casa dai genitori (elemento rinforzante), sarà portata a riproporre ogni mattina la lamentela. Permettere alla bambina di rimanere a casa sottraendola dalla situazione spiacevole dello andare a scuola è, quindi, un rinforzo sul comportamento inadeguato del manifestare un malessere somatico per evitare una situazione temuta proprio perché porterà ad un ripresentarsi di tale comportamento.
Un secondo esempio potrebbe essere il caso di un bambino che a scuola ogni volta che gli viene richiesto di fare un compito (situazione spiacevole) inizia ad alzarsi e girovagare per la classe (comportamento) evitando di affrontare i compiti (elemento rinforzante). Anche in questo caso permettere al bambino di evitare di terminare il compito che rappresenta per lui una situazione spiacevole è, quindi, un rinforzo sul comportamento inadeguato di alzarsi e camminare in giro per la classe, comportamento che quindi tenderà a ripresentarsi.
Conclusioni
I rinforzi positivi e negativi rappresentano un qualcosa che ci motiva a mettere in atto e a ripetere un determinato comportamento. Accade naturalmente nella vita di tutti noi e, quindi, saper riconoscere e utilizzare consapevolmente i rinforzi positivi e negativi, rappresenta un ottimo strumento educativo. Ovviamente occorre essere abili a non utilizzarli in modo rigido e a inserirli sempre in un contesto primariamente relazionale. Il rischio altrimenti è di utilizzare i rinforzi per “addestrare” così come si fa con gli animali e non per educare. I rinforzi svolgono il loro ruolo ma non sono esclusivi in un rapporto educativo.
Dott.ssa Serena Costa, psicologa dell’infanzia (serenacosta.it@gmail.com)
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7 Commento
gabriella
sarebbe bello avere il tempo di analizzare ogni volta se il rinforzo che si concede ai bambini,è quello giusto;solo che a volte si va a spanne..e anch’io spesso ho fatto così,(magari sbagliando),ma non è mai troppo tardi conoscere le cose..
Serena
Grazie Gabriella per il commento! certo, non si può sempre avere l’energia per fare tutto. Ma dedicarci ogni tanto un pensiero è già qualcosa.
Michele Pennelli
Cerco di semplificarlo meglio: il termine positivo e negativo non ha niente a che vedere con la valutazione di un comportamento positivo o negativo in senso “mentalistico” o moralistico .
Tutti i rinforzi aumentano la probabilità dell’emissione di un comportamento in futuro, le punizioni no.
Il rinforzo positivo è nell’ ambiente ossia la ricerca attiva (operante), non motivazionale, ma discriminativa, nel senso che può essere anche involontaria, ma semplicemente appresa di ottenimento di un esito o risultato(Thorndike).
Il rinforzo negativo è invece la sospensione attraverso l’operante di una condizione avversiva, esempio un rumore forte(pianto del bambini, una scossa, l’oppositività) ed è propria dell’organismo. Esempio Un bambino piange in una stanza: un bambino piange(operante bambino), il pianto del bambino(Sd Situazione discriminativa/madre), ha una conseguenza diretta sulla madre che inizia a lamentare un mal di testa, fastidio,bisogno di farlo smettere, sentimento di non sentirsi adeguata etc.,etc.. (condizione avversiva/conseguente).
La madre tra le tante cose decide di dargli una caramella, il bambino smette di piangere (rinforzo).
Ora in base al contesto, in base alla lettura comportamentale /radicale la caramella è un rinforzo positivo per il bambino in quanto rinforzerà a seguito della contingenza (pianto/effetto= ottenimento della caramella) il comportamento del pianto, e negativo per la madre, in quanto la caramella ha sospeso la condizione negativa (Caramella/sospensione pianto,mal di testa, sensazione di, etc etc).
Ora il comportamentismo radicale che ha teorizzato il rinforzo( skinner et all) non può essere semplificato al di la dell’operante e dal punto di analisi di colui che osserva la frequeza del comportamento, quindi è nel presente e nell’ esito e non solo nell’eitamento, ma anche nella sospensione.
Educativamente, anzi, non bisogna mai lavorare con le punizioni, ma piuttosto con i costi delle risposte e con gli operanti, ossia rinforzare il bambino in vivo e rispetto agli obiiettivi educativi che ci poniamo e cercare di non rinforzare mai il bambino, quando l’unico rinforzo è il nostro negativo,(esempio mamma che da la caramella, perchè è infastidita dal pianto.), cosa che è invece ormai la norma educativa.
Valerio Scandurra
Ciao Serena,
Vorrei proporti una diversa visione del rinforzo negativo:
È una risposta che aumenta le probabilità che una determinata azione non si ripeta.
Esempio: Se io nel salutare una persona imprecherei, come risposta otterrei una smorfia poco sgradevole, che porterà all’estinzione della condotta.
Questo non è però una punizione, ma semplicemente una risposta.
Il premio e la punizione sono un argomento differente!
La principale differenza è che il rinforzo deve essere dato nel momento preciso in cui ha atto la condotta!!
Può essere utilizzato qualcosa che non vogliamo come stimolo:
Il cavallo per esempio gira verso destra quando sente pressione sull’occhio destro, esercitato dal fantino, ed ha imparato che lo stimolo cessa se gira verso destra.
Analogamente parlando il bimbo viziato crea uno stimolo negativo sui genitori lamentandosi.
I genitori per terminare tale condotta la rinforzano positivamente, sbagliando.
Questo è alla base dell’apprendimento come dici te, ed è incredibile quanta comunicazione si instaura per dar vita all’apprendimento!
Il cavallo per esempio ci comunica che il dolore è tale che deve assolutamente girare verso destra, magari controvoglia, ponendo fine alla sua libertà.
La creazione di “marker” (come un sorriso, o il clicker utilizzato nell’addestramento animale) aiuta a mio avviso a tenere una comunicazione vera, in quanto non sempre il rinforzo è grande abbastanza per dar vita o interrompere una condotta.
Esempio: il bambino difficilmente smette di proporre la condotta capricciosa se diamo un bacio piccolo, anzi la stimola ancor di più perché pretende un rinforzo maggiore.
Un po’ come giocare alle macchinette insomma!
Cordiali saluti, Valerio 😛