Il termine “modellaggio”, in inglese “shaping”, deriva da un approccio particolare della psicologia che è l’approccio cognitivo comportamentale. Viene, quindi, utilizzato in particolare nella terapia cognitivo-comportamentale ma si rivela estremamente utile anche in campo educativo.
La tecnica del modellaggio viene utilizzata quando lo psicoterapeuta o lo psicologo o un educatore intende far acquisire ad una persona, sia essa adulto o bambino, un determinato nuovo comportamento che il soggetto non riesce in tempi brevi a mettere in atto attraverso altre modalità, quali ad esempio l’imitazione.
Tale tecnica consiste nel rinforzare ripetutamente quei comportamenti che, seppur lontani dal comportamento meta prefissato, si avvicinano progressivamente all’obiettivo. Il rinforzo va fornito, quindi, inizialmente ai comportamenti positivi che sono relativamente facili per il soggetto seppur ancora distanti, per poi rinforzare quelli che si avvicinano sempre di più al comportamento meta. Per fare ciò il terapeuta o l’educatore deve scomporre l’obiettivo finale in piccoli sotto-obiettivi, in modo tale da ridimensionare temporaneamente le aspettative sulla persona, chiedendo piccoli miglioramenti per volta fino al raggiungimento della meta.
La tecnica del modellaggio è una tecnica che permette di raggiungere obiettivi importanti a livello del comportamento, ma soprattutto a livello relazionale. Permette, infatti, di adeguare le aspettative dell’adulto ad obiettivi raggiungibili, evitando di far vivere all’altro sentimenti negativi quali la frustrazione, e instaurando una spirale virtuosa di rinforzamenti reciproci: l’adulto rinforza l’altro per piccoli miglioramenti e tali miglioramenti rinforzano l’adulto a sua volta.
Per comprendere meglio la tecnica voglio raccontarvi un esempio tratto dalla mia esperienza di educatrice nel campo della disabilità.
Durante il mio intervento educativo con un bambino con ritardo mentale, iperattività e una forma non specifica di disturbo pervasivo dello sviluppo, mi sono posta l’obiettivo di insegnargli ad allacciarsi autonomamente la cintura di sicurezza della macchina, data la frequenza dei nostri spostamenti in auto. Il bambino in questione aveva una bassa capacità di coordinazione oculo-manuale e una bassa tolleranza alla frustrazione. In parole più semplici il bambino aveva difficoltà nel utilizzare entrambe le mani per finalizzare i movimenti e si arrabbiava appena si sentiva in difficoltà.
Per raggiungere il mio obiettivo educativo, ho utilizzato proprio la tecnica del modellaggio. Ho scomposto l’obiettivo di allacciare le cinture in piccoli sotto-obiettivi, rinforzando il bambino con un energico “bravo!!” e con un grande sorriso ogni volta che riusciva a raggiungere un piccolo passo. Inizialmente, quindi, mi complimentavo con lui quando riusciva solo ad afferrare la cintura con la mano, successivamente, una volta acquisita tale abilità, lo rinforzavo quando riusciva a tirarla per allungarla, poi ancora quando riusciva anche ad afferrare con la mano il gancio per poi tenerlo con l’altra mano, e infine, quando riusciva anche a inserire il gancio nell’apposito aggancio.
Il bambino attraverso tale tecnica è riuscito, quindi, ad acquisire tale nuova abilità in modo graduale all’interno di una relazione positiva che gli restituiva la sua competenza anziché la sua incapacità. Nello stesso tempo, i suoi miglioramenti rinforzavano anche me andando a incrementare la positività della relazione educativa.
Dott.ssa Serena Costa, psicologa dell’infanzia (serenacosta.it@gmail.com)
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Bibliografia
Fabio Celi e Daniela Fontana (2011), “Psicopatologia dello sviluppo. Storie di bambini e psicoterapia”, Edizione The McGraw – Hill
10 Commento
gabriella
bello ed interesante anche questo racconto!
Vane
Salve dottoressa,
sono una studentessa di servizio sociale,
Sono alle prese con lo studio del modello sull’approccio socio-comportamentale e ho trovato davvero interessante la sua spiegazione in merito, e sono rimasta, invece, molto colpita dalla sua esperienza!
serena
Gentile lettrice, mi fa molto piacere sapere che ha trovato interessante il mio scritto 🙂
Le auguro buon proseguimento nei suoi studi.
Saluti
Emilia
Scusi dottoressa.ero solo curiosa di sapere se il bambino avesse automatizzato il movimento..se cioè dopo un po’ che non lo ripeteva lo dimenticava.grazie
serena
Buongiorno Emilia, dalla mia esperienza il bambino ricordava il movimento e una volta appreso lo continuava a mettere in atto e non solo nello stesso contesto. Infatti ricordo che l’insegnante di sostegno che lo accompagnava al Centro per la riabilitazione si era lamentata di questa conquista perché il bambino iniziava a togliere la cintura anche nel pulmino della scuola…:-)
Alessandro
grazie. Molto interessante l’esempio riportato!
serena
Grazie a lei Alessandro per il commento.
anna dorotera privitera
Molto utile, grazie
serena
GRazie a lei per il commento. Saluti