La tristezza è una delle emozioni basilari che ognuno di noi prova quando è a rischio un legame affettivo con qualcuno di importante ma anche con se stessi. Solitamente non si ama molto quest’emozione perché porta con sé uno stato di malessere. Leggi anche “Perché ci emozioniamo?“. Ma secondo voi quanti modi ci sono per esprimere questo stato d’animo? Come nel caso della gioia ce ne sono tanti. In questo articolo vi voglio citare 16 parole che riconducono a questa emozione basilare, ognuna con una sfumatura di significato diversa.
La diversa intensità della tristezza
“Tristezza” è il nome dell’emozione basilare e generico che solitamente si esprime con la mancanza di sorriso e uno sguardo languido. Ci si sente tristi perché uno dei nostri bisogni fondamentali non è stato soddisfatto. Per esempio possiamo sentirci tristi se i nostri amici non ci invitano ad una festa (bisogno di compagnia e appartenenza), oppure se qualcuno ci offende (bisogno di sentirci rispettati) o ci ignora (bisogno di sentirci presi in considerazione). In realtà, questa emozione, come tutte le altre, può essere vissuta con diversi gradi di intensità. Possiamo quindi dire che ci sentiamo “tristi” quando siamo ad un grado intermedio di intensità, diciamo che ci sentiamo “giù di corda” quando il livello è un po’ inferiore e “infelici” o “disperati” quando invece il livello di tristezza è alto.
Tristezza collegata alla relazione
Spesso si dice che siamo tristi quando succede qualcosa che mette a rischio la relazione con qualcuno, sia esso un fidanzato, marito o genitore, amico, zio ecc. Ci sono più parole che esprimono meglio questo stato emotivo sottolineando diversi aspetti.
Per esempio possiamo dire di sentirci “dispiaciuti” se abbiamo fatto qualcosa che ha fatto stare male l’altro oppure se l’altro ha fatto o detto qualcosa che ci ha ferito. Possiamo usare la parola “delusi” che è ancora più intensa quando si aveva un’aspettativa su qualcuno o su se stessi che non si è realizzata. Per esempio se mi aspetto che mio figlio vada bene a scuola e lui porta invece brutti voti a casa, l’emozione che spesso si prova è proprio la delusione.
Quando, invece, qualcuno a cui vogliamo bene non ci considera, ci ignora o addirittura disprezza qualche nostra caratteristica possiamo sentirci “rifiutati”. Se siamo nella dimensione di gruppo possiamo usare la parola “escluso” . Per esempio se gli amici non ci invitano ad una festa ci possiamo sentire esclusi ma anche se in famiglia si creano alleanze che mettono da parte uno dei membri.
Possiamo provare tristezza quando siamo in compagnia di una persona che non ci piace o che ci appare lontana dalla nostra sensibilità. Possiamo quindi dire di sentirci “annoiati“.
Tristezza collegata al concetto di mancanza
Quando una persona sente dentro di sé la mancanza di qualcosa che ha passato o di qualcuno, vive uno stato di tristezza che è tuttavia meglio definibile come nostalgia. Quando, invece, la persona sta male perché le manca qualcosa ma non sa individuare cosa, è probabile che si tratti di malinconia. Ecco, quindi, che altri due modi per definire un sentimento simile alla tristezza sono: essere nostalgici e essere malinconici.
Tristezza collegata al concetto di incapacità
Spesso si prova tristezza quando si ha la sensazione di non essere capaci di fare qualcosa. Ecco che una persona può sentirsi “incapace” o “incompetente” quando pensa di non riuscire a compiere una determinata azione (per esempio capace di camminare, scrivere, incartare…) o ad affrontare una determinata situazione. Quando questa emozione che nasconde in sé un giudizio viene rivolta a se stessi come persone, il rischio di minare la propria autostima è alto.
Tristezza collegata al mancato raggiungimento di un obiettivo
Quando ci si sente incapaci o incompetenti, di fronte ad un obiettivo da raggiungere è probabile sentirsi “sfiduciati” perché si crede di non potercela fare con le proprie capacità o con l’aiuto di qualcuno. Ci si può sentire anche “a pezzi” quando si percepisce dentro di sé di non avere energie a disposizione.
Quando non si riesce a raggiungere un obiettivo che ci si era preposti, ci sono invece altre parole più appropriate per esprimere tale emozione. Per esempio si può dire che ci si sente “insoddisfatti” o addirittura “delusi” per non essere riusciti a terminare un compito in tempo, oppure per la qualità del risultato, oppure ancora perché qualcuno ha criticato ciò che abbiamo fatto.
La tristezza non è depressione
Molto spesso sento definire una persona visibilmente triste come “depressa”. Si tratta di un grosso errore perché la depressione è una patologia vera e propria in cui l’emozione della tristezza la fa da padrona nel senso che non è associabile ad una situazione particolare ma permane a causa della patologia in corso.
Quante di queste parole usate come genitori? E i vostri bambini quali usano?
Dott.ssa Serena Costa, psicologa dell’infanzia (serenacosta.it@gmail.com)
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enzo
Nome di Una malattia psichica misteriosa