Hai mai sentito parlare di “zona di sviluppo prossimale”? Si tratta di un concetto un po’ tecnico che riguarda la psicologia dello sviluppo ma che nella pratica è davvero vicino ai genitori e, ancora di più agli addetti ai lavori come insegnanti e educatori. Con questo articolo voglio quindi raccontarvi cos’è la “zona di sviluppo prossimale”, chi ne ha parlato per la prima volta, e perché è importante conoscere di cosa si tratta.
Cos’è la “zona di sviluppo prossimale”
La zona di sviluppo prossimale si può definire come la differenza tra ciò che un bambino o un ragazzo sa fare da solo e ciò che è in grado di fare con l’aiuto e il supporto di qualcuno. Per esempio Luca di 1 anno potrebbe essere in grado di camminare ma non da solo e, quindi, se sostenuto dalla mamma potrebbe imparare a farlo nel giro di poco tempo; se non avesse l’aiuto l’apprendimento avverrebbe solo più tardi. Oppure facciamo l’esempio di Anna di 9 anni che sa scrivere frasi semplici ma non sa usare le frasi secondarie da sola; se la maestra la aiuta potrebbe imparare ad usarle correttamente altrimenti di fronte alla richiesta di scrivere frasi complesse potrebbe sbagliare e andare quindi incontro a frustrazione. Oppure ancora l’esempio di Maria di 10 anni nel caso dei compiti a casa. Supponiamo che da sola sia in grado di eseguire dei calcoli di matematica ma di fronte a degli esercizi per casa si blocchi e dica di non saperli fare: con l’aiuto più di tipo emotivo della mamma potrebbe attivarsi per leggere la consegna ed eseguire gli esercizi in autonomia.
La zona di sviluppo prossimale rappresenta, quindi, il livello di sviluppo potenziale che può raggiungere un bambino se aiutato. Come nell’esempio che ho fatto la persona che offre l’aiuto è inizialmente il genitore. Successivamente, con la frequenza del nido o della materna, è l’educatrice e poi l’insegnante. In realtà potrebbe essere anche un fratello maggiore, o comunque qualsiasi persona che sia più competente del bambino.
Chi ha parlato di “zona di sviluppo prossimale”
Il concetto di “zona di sviluppo prossimale” è stato introdotto da Vygotskij, uno psicologo sovietico che ha dato un importantissimo contributo allo studio della psicologia del bambino nel corso del Novecento. Egli ha fondato la Scuola storico-culturale che riteneva la psiche umana come il prodotto dell’interazione tra fattori storici, sociali e culturali; questa filosofia era in contrapposizione con il pensiero di Piaget, un altro importantissimo psicologo il quale riteneva invece che lo sviluppo psicologico del bambino procedesse per stadi di sviluppo, indipendentemente dall’interazione con l’ambiente. Secondo Vygotskij, quindi, il bambino apprende nuove conoscenze dagli altri e non da solo.
Perché è importante conoscere la “zona di sviluppo prossimale”
E’ importante conoscere il concetto di “zona di sviluppo prossimale” perché offre all’adulto (ma come abbiamo visto prima non solo all’adulto) la possibilità di favorire l’apprendimento del bambino anziché ostacolarlo prevenendo emozioni negative come il senso di frustrazione e fallimento.
L’adulto, sia il genitore ma soprattutto l’educatrice e l’insegnante, deve stare molto attento al tipo di richiesta che vuole fare al bambino o al ragazzo se vuole favorire l’apprendimento. La richiesta deve essere un po’ superiore alle competenze del bambino ma non troppo, cioè deve risultare comprensibile e fattibile con l’aiuto di qualcuno.
Per esempio una richiesta fattibile che può fare la mamma di Luca è quella di fare dei passi da solo sostenuto da una sola mano anziché due; se chiedesse di camminare sostenuto dalle due mani sarebbe troppo semplice per lui perché lo sa già fare e se chiedesse di camminare senza sostegno sarebbe troppo difficile per il bambino. Nel caso di Anna, invece, una richiesta fattibile potrebbe essere quella di produrre delle frasi complesse con l’aiuto di domande guida e solo successivamente senza e quindi da sola. Nel caso di Maria sarebbe iniziare a leggere la consegna con la mamma vicino, chiederle se l’ha compresa e poi proseguire con l’esercizio.
In tutti i casi in cui le richieste (i compiti) sono al di sotto della zona di sviluppo prossimale(troppo facili) e al di sopra (troppo difficili) non c’è apprendimento e l’esperienza emotiva più probabile è la frustrazione e il senso di fallimento, grandi nemici della motivazione ad apprendere.
Dott.ssa Serena Costa, psicologa dell’infanzia (serenacosta.it@gmail.com)
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