Oggi vi voglio parlare dell’intelligenza, un costrutto psicologico che riguarda tutti, in particolare gli studenti. Ve ne parlo perché purtroppo incontro spesso ragazzi che pensano di non essere intelligenti a causa delle loro prestazioni scolastiche scadenti. Questi studenti credono praticamente che l’intelligenza corrisponda ai voti scolastici: chi ottiene bei voti è intelligente, chi ottiene brutti voti non lo è o lo è meno. La pensate così anche voi?

Le teorie sull’intelligenza

Esistono due teorie sull’intelligenza: la teoria entitaria e la teoria incrementale.

La teoria dell’entità sostiene che l’intelligenza sia qualcosa di concreto e immutabile che ognuno possiede in maniera diversa. Quindi, o uno è intelligente oppure non lo è; detto in altre parole si nasce intelligenti e poco si può fare per cambiare questo status quo. Chi ha quest’idea è portato a pensare che chi ottiene buoni voti è intelligente e chi, invece, non li ottiene, non lo è o lo è meno. Ne consegue che l’insuccesso in un compito è vissuto da questi ragazzi come particolarmente minaccioso. Chi si crede intelligente, farà in modo di mostrarsi tale coinvolgendosi in attività di difficoltà media, non troppo facili perché segno di poca intelligenza, ma nemmeno troppo difficili perché in caso di errore si rischia di mostrarsi poco intelligenti. Chi non si crede intelligente, invece, farà in modo di coinvolgersi in attività semplici in modo da garantirsi la riuscita oppure al contrario in attività molto difficili perché in caso di errore è possibile attribuire la causa dell’insuccesso alla difficoltà del compito e non alla propria mancanza di intelligenza. In termini tecnici si dice che chi abbraccia questo tipo di teoria si pone obiettivi di prestazione cioè ripone la propria attenzione e preoccupazione al risultato di ciò che compie. Molti dei bambini che abbracciano questo tipo di teoria vivono il momento dei compiti in modo piuttosto negativo (Leggi anche “Compiti a casa? Mio figlio mi fa disperare!”)

La teoria incrementale sostiene, invece, che l’intelligenza sia una qualità dinamica e flessibile, qualcosa che può essere migliorato con l’impegno, già, l’impegno che i sostenitori della teoria entitaria ritengono praticamente inutile. Detto in altre parole, si è intelligenti nella misura in cui si esercitano le proprie capacità. Chi ha quest’idea non si preoccupa troppo per i propri errori perché li considera come importanti indizi per capire qual è il proprio livello di preparazione in quel momento e quali cose ancora devono essere fatte per migliorare. Non si nasce, quindi, intelligenti per i sostenitori di questa teoria ma si diventa. In termini tecnici vengono perseguiti obiettivi di padronanza cioè l’attenzione di questi ragazzi viene indirizzata sui propri progressi anziché sui propri risultati del momento.

Conclusioni

Il tipo di teoria dell’intelligenza che si abbraccia è determinante nella vita scolastica dei ragazzi. Purtroppo gli insegnanti stessi non sono consapevoli del tipo di intelligenza che favoriscono nei propri studenti con il loro operato e, molto spesso, quello che accade è che viene promossa maggiormente una teoria dell’entità.

Riflettere su questa importante distinzione è il punto di partenza per attivare una serie di interventi che vadano a porre le basi per un approccio alla scuola soddisfacente e non pieno di preoccupazioni e delusioni.

Dott.ssa Serena Costa, psicologa dell’infanzia (serenacosta.it@gmail.com)

Se ti è piaciuto l’articolo, clicca “mi piace” sulla pagina e condividilo con i tuoi amici. Se vuoi essere aggiornato su tutti i nuovi articoli e sulle varie iniziative che svolgo in Trentino, iscriviti alla Newsletter

Iscriviti alla Newsletter!

Lascia un commento

Il commento sarà verificato prima di essere pubblicato sul sito. Importante, inserire solo il nome ed evitare dati sensibili.