Sono tornata da poco dalle vacanze al mare e, per tornare da subito operativa, ho pensato di condividere con voi un episodio di litigio fra due bambini che ho osservato in spiaggia mentre mi stavo prendendo il sole.
Il litigio
La dinamica è stata la seguente: un bambino di circa 8 anni, che chiamo per l’occasione Luca, si stava divertendo ad allenarsi nella corsa. Aveva piantato nella sabbia un bastoncino che segnava il punto di partenza e di arrivo, chiedeva alla madre di dargli il via per poi partire di corsa fino agli scogli e ritornare al punto di partenza e, infine, chiedeva alla madre il tempo impiegato. Ad un certo punto, un altro bambino di circa 6 anni, che chiamo per l’occasione Matteo, mentre Luca era impegnato nella corsa, ha preso il bastoncino per giocare per conto suo. Luca, non appena si è accorto dell’accaduto, ha avuto una crisi di collera: si è arrabbiato tantissimo tanto che si è messo a piangere e a gridare contrariato, ritirandosi sull’asciugamano della mamma.
Voi, se foste state le mamme, che cosa avreste fatto?
L’intervento delle mamme
A questo punto sono intervenute le mamme. La mamma di Luca ha accolto il figlio sul suo tappeto e con tono calmo ha cercato di consolarlo dicendogli che il bambino voleva solo giocare, mentre la mamma di Matteo si è alzata in piedi molto arrabbiata per rimproverare il figlio che nel frattempo si era rannicchiato sulla sabbia. La madre, guardandolo dall’alto in basso con le braccia posizionate sui fianchi, ha chiesto a Matteo con tono seccato se era contento di aver fatto piangere il bambino e gli ha ricordato che, come gli dice sempre, non si prendono i giochi degli altri. Luca, guardando dal basso verso l’alto la madre, con tono triste cercava di spiegare che il bastone gli serviva ma questo non ha convinto la madre. A quel punto la mamma di Matteo ha preteso dal figlio che andasse a chiedere scusa a Luca. Le madri si sono, quindi, alzate per avvicinare i bambini affinché vi sia la riconciliazione, ma Matteo dal viso imbronciato non ne ha voluto sapere. La scena, così, si è conclusa.
Quali osservazioni fare?
Il conflitto che ho osservato ha due attori, Luca e Matteo, e poi dei partecipanti che sono intervenuti successivamente, cioè le due mamme. Ha un inizio e una fine ed un epilogo che sicuramente è determinato dalla gestione dello stesso. Vediamo un po’ nello specifico i vari aspetti.
I bambini
Luca ha senz’altro subito l’intervento di Matteo che ha vissuto come uno “sgarbo” perché di fatto, lui stava giocando da solo in tranquillità senza dar fastidio a nessuno. Ha dato, però, per scontato, come succede normalmente tra i bambini, che quel bastone che lui ha trovato in spiaggia e ha utilizzato per il suo gioco, fosse di sua proprietà e, quindi, nessuno potesse avanzarne pretese.
Matteo ha svolto, da parte sua, la funzione di una miccia che ha acceso un conflitto, ma siccome nei conflitti ci sono sempre due bisogni in contrasto, vediamo qual è la posizione dalla quale parte Matteo. Il bambino vedeva nel bastoncino un allettante gioco che, trovandosi sulla spiaggia, doveva essere a disposizione di tutti. E’ probabile pensare che Matteo abbia visto che il bastoncino facesse parte del gioco di Luca, ma come succede frequentemente fra i bambini, si sa che gli oggetti già utilizzati da altri diventano particolarmente interessanti e necessari.
Il conflitto, quindi, si gioca sul desiderio di uno stesso oggetto.
La reazione che Luca ha avuto di fronte al “furto” del bastoncino da parte di Matteo è stata davvero intensa e ha avuto le sembianze di una vera perdita di controllo sulle proprie emozioni. Luca si è sentito letteralmente travolto dalla rabbia. Non l’ha rivolta, però, sul bambino ma l’ha semplicemente vissuta ed espressa alla mamma attraverso un pianto nervoso e di una certa durata che ad un certo punto dava l’impressione di essere finalizzato ad attirare l’attenzione sulla sua sofferenza.
Matteo, invece, è stato per tutto il tempo molto controllato e, quasi spaventato per la situazione. Ha capito di aver fatto soffrire il bambino, ma si è sentito altrettanto ferito e non compreso nei suoi bisogni. Anche lui voleva giocare con il bastone e, addirittura gli serviva, ma nessuno ha legittimato questo suo desiderio. Si è sentito, quindi, mortificato per l’accaduto ma anche ferito per l’arrabbiatura della madre tanto che, poi, dall’orgoglio non ha voluto scusarsi con Luca.
Le mamme
L’intervento della mamma di Luca è stato adeguato per una prima parte, ma carente nella seconda. Mi spiego meglio. Inizialmente, infatti, ha accolto il figlio in lacrime e ha cercato di consolarlo. Rimanendo calma e disponibile ha dato quel conforto di cui Luca aveva bisogno. Ha cercato, inoltre, di far riflettere il figlio sulle esigenze dell’altro bambino, intervento importante per accrescere le capacità di analisi della situazione, ma non ha poi dato seguito alla riflessione. Non ha, infatti, reso attivo il bambino di fronte a questo evento. Cosa avrebbe potuto fare in più? Dopo aver atteso la fine dello sfogo emotivo, avrebbe potuto chiedere a Luca di pensare a cosa si sarebbe potuto fare per risolvere il problema, aiutando così il figlio a non vivere passivamente le situazioni, ma a trovare soluzioni creative ai conflitti, ovviamente rispettose dell’interlocutore. Ad esempio, Luca avrebbe potuto pensare di chiedere al bimbo di giocare con lui, oppure avrebbe potuto pensare di prestargli il bastoncino per un po’. Se Luca non fosse riuscito a pensare queste cose da solo, la madre avrebbe potuto suggerirgliele e fargli notare i vantaggi di tale azione, quali ad esempio stringere una nuova amicizia. Infine, la mamma avrebbe dovuto evitare di sostituirsi a lui per prendere le sue difese di fronte al bambino, ma avrebbe dovuto incoraggiare il figlio stesso ad andare da Matteo per parlare dell’accaduto, per informarlo dei suoi sentimenti ma anche per proporgli le soluzioni pensate insieme alla mamma. Ovviamente può accadere che il bambino si rifiuti di farlo, soprattutto se è abituato all’intervento della madre. Occorre, quindi, non forzarlo ma suggerirgli questa via ogni volta che accadono conflitti. Si tratta, infatti, di un allenamento finalizzato all’autonomia relazionale. Se il bambino sente la fiducia dei sui genitori, prima o poi imparerà ad avere fiducia in se stesso.
L’intervento della mamma di Matteo, invece, è stato poco adeguato sin da subito. Ho avuto l’impressione che la mamma fosse più presa dalla preoccupazione di fare brutta figura attraverso il comportamento scorretto del figlio, piuttosto che ad accogliere e comprendere il bambino. Sin da subito, infatti, si è posta in modo ostile con il figlio, sgridandolo per il comportamento, ma non ha tentato di sentire e di accogliere i sentimenti del bambino. Cosa avrebbe potuto fare? Avrebbe potuto ad esempio andare in contro al bambino, accucciarsi al suo livello o prenderlo in braccio per chiedergli come mai aveva preso il bastoncino. Gli avrebbe permesso di esprimere le sue ragioni, anche se apparentemente scorrette. Avrebbe poi potuto cogliere l’occasione per farlo riflettere sulle conseguenze di quel gesto senza farlo sentire in colpa per poi riflettere su cosa avrebbe potuto fare in alternativa. Dopo aver chiesto prima a Matteo, avrebbe poi potuto suggerirgli di chiedere al bambino di poter giocare con lui, oppure di poter avere in prestito il bastoncino per un po’, oppure ancora di posticipare la presa del bastoncino alla fine del gioco di Luca e di, intrattenersi, quindi, in altri giochi. Anche in questo caso, la mamma avrebbe dovuto evitare di sostituirsi a lui per incoraggiarlo, invece, ad andare da solo da Matteo per parlare dell’accaduto, per informarlo delle sue intenzioni e per porgli le proprie scuse. Tranquillizzandolo e offrendogli fiducia, il bambino è più portato ad assumersi le sue responsabilità, mentre se incolpato o accusato lo è meno. Occorre, quindi, non forzarlo ma suggerirgli questa via ogni volta che accadono conflitti. Come per Luca e la sua mamma, si tratta di un allenamento finalizzato all’autonomia relazionale.
Conclusioni
Quando accadono litigi tra bambini frenate la tendenza ad intervenire ma aiutare i bambini a riflettere sull’accaduto, sulle proprie emozioni e intenzioni, e su quelle degli altri, aiutandoli a “sbrigarsela da soli”. Non significa abbandonarli ma accompagnarli ad una autonoma gestione delle relazioni rinforzando la loro autostima e il loro pensiero creativo.
Dott.ssa Serena Costa, psicologa dell’infanzia (serenacosta.it@gmail.com)
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