Riporto anche nel mio Blog un articolo che ho scritto qualche giorno fa nella mia sezione in TrentoBlog perché mi sembra un argomento molto importante anche per i miei lettori di “Connettiti alla psicologia!”. Tratta la questione dell’adescamento di minori nel campo degli abusi sessuali, un terreno estremamente delicato di cui non se ne parla spesso.
“L’adescamento è quel processo che porta un adulto ad attirare su di sé l’attenzione e la fiducia di un minore per poterlo controllare e per poter ottenere da lui ciò che vuole. Nel campo degli abusi sessuali gli adescatori sono interessati ad ottenere prestazioni sessuali che possono riguardare veri e propri atti sessuali oppure azioni senza contatto diretto quali esibizionismo, voyeurismo oppure ancora utilizzo del bambino per la produzione di materiale pornografico. L’adescatore in questi casi non necessariamente è un pedofilo o una persona sconosciuta, ma nella maggior parte dei casi si tratta di persone conosciute, anche di sesso femminile.
Chiunque sia l’adescatore, prima di arrivare ad ottenere ciò che desidera, segue delle fasi ben precise accuratamente pensate in anticipo.
La prima fase si definisce “avvicinamento” ed è la fase più lunga e delicata perché “prepara il terreno” per le successive fasi. L’adescatore sceglie in modo preciso la sua vittima che deve possedere alcune caratteristiche quali essere un soggetto fragile, disponibile nel raccontarsi e possibilmente con poche e deboli relazioni sociali e affettive. In questo primo passaggio, l’adescatore cerca di sedurre il minore facendogli complimenti, ascoltandolo, rendendosi simpatico e accogliente, e magari anche regalandogli cose piacevoli tipo caramelle, o figurine, o ricariche telefoniche, insomma qualsiasi cosa che possa interessare alla vittima. Nel caso di un estraneo, l’adescatore sta bene attento a non entrare in conflitto con il minore e a non forzarlo, in modo da diminuire il più possibile la paura dovuta allo sconosciuto. Una volta ottenuta la sua fiducia, l’adescatore passa alla fase successiva.
La seconda fase si definisce “isolamento”. L’adescatore fa in modo di accrescere i contatti con lui per diminuire gli scambi relazionali e comunicativi con gli altri. Invita il minore, anche su minaccia, a tenere segreti i loro incontri in virtù della relazione profonda e speciale che si è creata tra loro. Spesso chiede di frequentare un luogo presentato come sicuro e accogliente che di fatto lo è anche agli occhi del minore, ma che poi si trasformerà in una trappola. Il minore, ormai caduto nella trappola dell’inganno, è portato a non ferire l’adulto ormai così importante per lui per paura di ferirlo o per paura di farlo arrabbiare e di avere una punizione.
La terza fase è l’adescamento vero e proprio, cioè il raggiungimento degli obiettivi iniziali: l’abuso sessuale. Il rapporto che si è creato tra adescatore e il minore è ormai talmente invischiato e tenuto isolato da un contesto sociale e relazionale altro, che si sono create le condizioni ideali per il perpetuarsi dell’abuso. Il legame è talmente stretto e basato sulla fiducia che il minore, al contrario di quello che il senso comune pensa, può trovare realmente piacere in ciò che subisce, non riuscendo a vederne la violenza e la perdita della sua volontà. Le emozioni, talmente contrastanti, a quel punto impediscono sempre più di reagire.
Occorre, quindi, una grande attenzione da parte degli adulti non abusanti per fare in modo che i propri figli o alunni, siamo informati di questo rischio e sappiano come potersi difendere.”
Che ne pensate? Vi pare un argomento da approfondire?
Bibliografia: Giuseppe Maiolo, “Lessico psicologico“, Edizioni Erickson, 2012
Dott.ssa Serena Costa, psicologa dell’infanzia (serenacosta.it@gmail.com)
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