Nell’articolo precedente ho cercato di offrire una breve descrizione di cosa si intenda per “emozione”. In questo post cercherò, invece, di mettere in luce i principali motivi che sono stati trovati dagli studiosi di psicologia alla domanda: “Perché ci emozioniamo?”.
A questa domanda sono state date varie risposte a seconda dell’approccio teorico degli studiosi. Vediamo ora le principali risposte che sono state date a questa domanda.
- Gli psicologi evoluzionisti: “Ci emozioniamo perché è scritto nei nostri geni”.
Gli studiosi appartenenti a questo filone di studi che si rifà a Darwin, mettono in evidenza che le emozioni sono entrate a far parte del patrimonio genetico di uomini e certi primati (gli scimpanzé) perché rivestono una funzione importante per la sopravvivenza della specie. La paura, per esempio, permette di sfuggire a situazioni pericolose e il desiderio permette di trovare un partner con il quale riprodursi. Il fatto che le emozioni principali compaiano in età molto precoce in un determinato periodo, conferma l’esistenza di una programmazione delle emozioni a livello genetico.
- Gli psicologi funzionalisti: “Ci emozioniamo perché il nostro corpo si emoziona”.
Gli psicologi appartenenti a questo filone, tra i quali ricordo Wiliam James e Antonio Damasio, affermano che l’esperienza emotiva avviene in uno stadio successivo alla reazione fisiologica del corpo. Per esempio, ci si rende conto di provare paura perché si percepisce ciò che sta accadendo nel nostro corpo, nel caso specifico della paura, si percepisce il battito cardiaco accelerato, le mani tremare, ecc. Un altro esempio a conferma di questa teoria è che è possibile modificare temporaneamente l’umore di una persona agendo sulle espressioni facciali. Sforzarsi di sorridere porta a sentirsi meglio, seppur temporaneamente.
- Gli psicologi cognitivisti: “Ci emozioniamo perché pensiamo”.
Questo filone della psicologia mette in evidenza che l’emozione sperimentata cambia a seconda di ciò che si sta pensando. Se ad esempio, ad una mancata telefonata di un amico, penso che lui non mi voglia più vedere, proverò tristezza; se, invece, penso che gli possa essere successo qualcosa, proverò preoccupazione.
- Gli psicologi culturalisti: “Ci emozioniamo perché è un fatto culturale”.
Gli studiosi di questo filone mettono l’accento sull’influenza della cultura sull’espressione emotiva. Le emozioni, cioè, cambierebbero da luogo a luogo perché cambiano i riferimenti culturali che danno significato alle emozioni e ai comportamenti associati. Ad esempio, piangere in pubblico in alcuni contesti può essere considerato come un gesto che provoca maggiore empatia, in altri contesti è segno di mancanza di controllo o virilità.
Perché ci emozioniamo quindi? Quale di questi approcci è quello giusto? In realtà, tutti dicono una parte di verità mettendo in evidenza un aspetto della questione. Questo esprime la complessità del mondo delle emozioni.
Dott.ssa Serena Costa, psicologa dell’infanzia (serenacosta.it@gmail.com)
Se sei interessato al benessere dei bambini, iscriviti alla Newsletter del sito.
3 Commento
Michele
Condivido le tue conclusioni, ci emozioniamo per una serie di fattori, ma propendo più per la teoria delle emozioni causate da sensibilità dovute ai nostri geni. Io ad esempio provo emozioni davanti ad un bel quadro astratto che ad un altro non dice niente e per questo per me potrebbe essere una questione di sensibilità soggettive innate.